Quaremma! Ma chi era Quaremma? Quaremma era la moglie di Carnevale vestita a lutto in quanto vedova dello stesso. Un tempo il periodo carnevalesco iniziata il 17 gennaio, san Antonio Abate, “ti Sant’Antueni maschiri e seuni” e terminava con il martedì grasso.
L’Associazione S.I.N.G. “Don Bosco” onlus da tre anni ha attivato il progetto “recuperiamo le nostre tradizioni” iniziando, proprio, dalla “Quaremma”. Un tempo, quando eravamo bambini, contavamo decine di fantocci appesi in moltissime vie, negli ultimi anni un paio al massimo! Noi del S.I.N.G. abbiamo iniziato con una, due anni addietro, due lo scorso, cinque quest’anno! Speriamo il prossimo anno di raddoppiare ma speriamo, soprattutto, che il popolo di Oria non deleghi alla nostra associazione e riprenda a costruire le Quaremme. Lo faccia per i nostri nonni, lo faccia per i nostri figli! Le nostre Quaremme non hanno la simbologia tradizionale, almeno per quest’anno, il prossimo anno ci proveremo.
Ogni nostra azione è supportata da volontari e noi vogliamo ringraziarli tutti. Ringraziamo innanzi tutto il nostro socio Andrea Santorsola, anima di questa azione, e l’intero Consiglio Direttivo per la costruzione dei fantocci; ringraziamo Anna Elisa Cariolo per gli indumenti; ringraziamo il grande Renato Spina che, con la sua piattaforma aerea ha permesso, per l’ennesima volta, di realizzare questo nostro desiderio.
“Il fantoccio aveva, attaccato alla cintola, uno spago con sette frisoddi (tarallucci insipidi, di pasta cotta al fuoco), due bottigliette, una piena di olio e un’altra d’aceto; una variante dei tarallucci potevano essere li còculi (fichi secchi). Inoltre il suo corredo è completato da fusu (fuso), macennula (l’arcolaio), matassaru (aspo), còzzica (base di legno per l’incannatoio) e ‘ndriaturu (l’incannatoio). Il fantoccio simboleggia la vedova di Carnevale a cui, avendo dilapidato tutto il patrimonio in pranzi e feste, egli ha lasciato i debiti da pagare. Gli abiti neri indicano il lutto che porta per la morte del marito; gli attrezzi indicano il duro lavoro che deve fare per risarcire i debitori; i sette tarallucci indicano la misera quantità di cibo che le spetta nel periodo di Quaresima (infatti si toglie un taralluccio a settimana); l’olio deve servire ad alimentare, di notte, la lampada per finire il lavoro; l’aceto indica la ristrettezza della vita che deve condurre. Questa l’interpretazione popolare di una simbologia che nasce per imitazione dei dettami penitenziari propri della Quaresima che prevedevano digiuni e veglie, privazioni e sacrifici, quale ascetica preparazione alla Resurrezione di Cristo” (dal libro “Ad Oria Cristo scende il Giovedì” del Prof. Pino Malva).